FORNO E MALATTIE, “NESSUN RISCHIO PER LA SALUTE” SECONDO LO STUDIO DI SILEA

VALMADRERA – Non ci sono relazioni tra il forno inceneritore di Valmadrera e l’insorgere di malattie nei 100mila lecchesi residenti nei dintorni. Questa in sostanza la conclusione dello studio epidemiologico promosso da Silea ed affidato ad Ats, Università di Torino, e Tecno Habitat, presentato pochi giorni dopo la diffusione di uno studio indipendente promosso dal Comitato Rifiuti Zero con ben altre conclusioni.

Folta partecipazione degli amministratori locali a Valmadrera, gremita la sala conferenze della società Silea, per la presentazione dei risultati dello studio epidemiologico relativo all’impatto delle emissioni dell’impianto locale.

Il sindaco di Lecco Virginio Brivio ha aperto i lavori, a cui hanno fatto seguito i saluti di Silvano Lopez, direttore di Ats Brianza “Oggi è una giornata importante che arriva alla fine di un lungo percorso di rilevazione delle emissioni, a cui hanno partecipato molti attori. Uno studio epidemiologico fortemente voluto dai sindaci del territorio, per capire l’impatto dell’impianto sui cittadini”. Lo studio è scaturito dalle numerose richieste avanzate dalla popolazione e dal mondo dell’associazionismo che hanno sollecitato il Comune di Valmadrera e limitrofi, per cercare di capire quale fosse l’impatto di smaltimento rifiuti di Silea sulla salute degli abitanti. La ricerca è stata eseguita in stretta collaborazione con l’Agenzia della Salute (Ats) della Brianza, il Centro di epidemiologia dell’Università di Torino e la società Tecno Habitat che ha realizzato il modello di dispersione delle emissioni dell’impianto nell’area in studio.

L’elaborazione del modello della dispersione degli inquinanti nell’atmosfera, per il periodo dal 2001 al 2015, è stato curato da Tecno Habitat e per lo studio è stata scelta un’area abbastanza ampia, quella maggiormente interessata dalle emissioni, di circa 13 km quadrati. La rilevazione ha riguardato il PM10 in quanto, in linea con gli altri studi epidemiologici, è il dato più importante per testare il livello di inquinamento e già attuato in Italia. Il modello di dispersione ha preso in considerazione il volume delle emissioni dell’impianto e successivamente, attraverso la stazione meteo dell’Arpa di Valmadrera, anche attraverso la rilevazione meteorologica sia a terra che in quota. È stata anche attivata una collaborazione con Arpa Lombardia per verificare se il metodo utilizzato per la stima delle concentrazioni di inquinanti nelle mappe di ricaduta fosse appropriato per la realtà di Valmadrera, che ha dato esito positivo.

I dati dicono che a partire dal 2003 il flusso di emissioni è diminuito sensibilmente e così è avvenuto per gli anni successivi. Il modello adottato ha stimato un valore di concentrazione media annua di 35 microgrammi PM10, mentre il limite massimo stabilito per la protezione per la salute umana è di 40 microgrammi per metro quadrato.
I risultati ottenuti sono poi stati illustrati da Luca Cavalieri D’Oro dell’Università di Torino e da Cristiano Piccinelli dell’Ats Brianza. Lo studio ha inteso valutare lo stato di salute dei residenti nelle aree limitrofe all’impianto di Silea, effettuato partendo dai dati anagrafici forniti dai comuni interessati, incrociandoli successivamente con i dati rilevati da Ats, relativamente a tumori, malattie respiratorie e l’incidenza sui parti avvenuti nel periodo studiato, con particolari patologie come il peso basso del neonato.

I comuni interessati sono stati quelli di Annone, Civate, Galbiate, Valmadrera, Malgrate, Suello e Lecco, per una corte di abitanti interessati di 100.576, di cui 52.230 donne e 48.346 uomini, basato sulla storia residenziale della popolazione residente nell’area e sui dati di salute di tale popolazione dal gennaio 2003 al dicembre 2015. Per lo studio sono state indagate 50 cause di morte, 22 per tumori, 5 schede relative ai parti prenatali e 32 di primo ricovero ospedalieri.

È stato sottolineato come le concentrazioni di PM10 complessivo, misurate in continuo nell’area in studio dalle centraline di monitoraggio di Arpa Lombardia, si attestano intorno ai 30 microgrammi/m3 (media annua), e sono dunque quasi 1.000 volte superiori rispetto a quelle emesse dall’impianto di incenerimento e che, nell’area di maggior ricaduta dei fumi, si attestano intorno a 40 nonogrammi/m3.

Dai dati analizzati relativamente ai tumori, maligni, dello stomaco e colonretto, non stati rilavati fattori di rischio superiori ai limiti medi di rischio. Mentre per quanto riguarda i fattori di rischio dei tumori al fegato i valori hanno evidenziato un superamento della media tollerabile. Al di sotto della media di rischio sono i tumori alla laringe, polmone, tessuti molli, del rene, della vescica.
Lo stesso discorso vale per le malattie respiratorie e cardiovascolari i cui dati hanno evidenziato dei rischi al di sotto della media tollerabili. Infine per quanto riguarda la saluta neonatale non sono state rilevati fattori di rischio.

La relazione finale sottolinea come i risultati emersi suggeriscono l’assenza di una relazione chiara tra la residenza in aree limitrofe all’impianto e malattie che potrebbero essere generate dallo stesso, quindi senza effetti sulla salute per le patologie associate all’esposizione a emissioni di inceneritori negli studi più recenti, e metodoligicamente più validi, quali linfomi non-Hodgkin. Viene, tuttavia escluso il tumore al fegato, le cui rilevazioni dicono di un numero di malati al di sopra della media tollerabile, anche se ciò potrebbe essere causato da altre motivi che potrebbero generare tale malattia, in quanto dall’esame della sua incidenza su aree non interessate direttamente dall’impianto Silea, dicono che vi è un’alta incidenza di questo tipo di patologia. Ecco quindi che emerge la necessità di ulteriori approfondimenti, su aggregazioni anomale di malattia, in quanto occorre essere sicuri che questa patologia sia direttamente ascrivibile alle emissioni, oppure derivante, ad esempio, dall’eccessivo consumo di farmaci per la cura di epatiti croniche.

 

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